Geologia Planetaria

La geologia planetaria è una delle discipline della planetologia e si occupa dello studio dei processi geologici (superficiali), geofisici-geodinamici (interni), e della composizione chimica (geochimica e mineralogia) dei pianeti, satelliti e corpi minori (es. asteroidi e comete) del sistema solare. Scopi principali della geologia planetaria sono: comprensione dell’origine e evoluzione delle morfologie che caratterizzano le superfici planetarie (es. crateri da impatto, vulcani, faglie, canali, dune eoliche, forme glaciali, etc.), struttura, composizione e evoluzione interna dei pianeti (es. nucleo, mantello, terremoti, tettonica globale, espansione/contrazione del raggio planetario), esplorazione del sistema solare in cerca di siti potenzialmente abitabili, e la ricerca di risorse extraterrestri (es. acqua, minerali pesanti).

Ricostruzione (con dati altimetrici reali) di un possibile lago marziano presente su Marte circa 3 miliardi di anni fa
(Credit: G. Di Achille, INAF/OAAb)

All’OA-Abruzzo è presente un’unità di ricerca di planetologia e geologia planetaria, impegnata nello studio dei processi morfogenetici attivi attualmente e in passato sulla superficie di Marte, Mercurio, Venere, e satelliti ghiacciati di Giove e Saturno, come ad esempio Ganimede, Europa, Titano e Encelado. L’osservatorio è coinvolto anche dal punto di vista scientifico-tecnologico nelle missioni planetarie dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ExoMars (Marte), Bepicolombo (Mercurio), e JUICE (Giove e satelliti ghiacciati).

Per quanto riguarda Marte, è ormai una convinzione consolidata che, tra quattro e tre miliardi e mezzo di anni fa, il pianeta ospitava valli fluviali, corsi d’acqua, laghi e forse un oceano (es. Di Achille and Hynek, 2010). In particolare, l’identificazione di resti di antichi delta fluviali (depositi sedimentari che si formano alle foci dei fiumi) è stata considerata come evidenza principale per la presenza duratura (nell’ordine di migliaia-milioni di anni) di acqua liquida nel passato del pianeta (es. Di Achille et al., 2009). Resta ancora il dubbio, però, riguardo alle quantità di acqua coinvolta e alla durata dell’attività idrologica. In altre parole, non è chiaro se i delta marziani si siano formati durante lunghe epoche climaticamente stabili e miti a scala globale (e quindi se i depositi possano essere usati come indicatori di durature condizioni favorevoli per la vita) oppure durante limitati ed episodici optima climatici determinati da fattori regionali, come ad esempio crateri da impatto, vulcanismo, tettonica e risultante attività idrotermale (e quindi se i delta si sono formati in condizioni climatiche simili a quelle attuali e dunque proibitive per la vita). Per rispondere a queste domande, i ricercatori dell’OA-Abruzzo in collaborazione con la University of Colorado (es. Hoke et al., 2014), applicano modelli matematici sviluppati e usati per studi analoghi sulla Terra (es. per analizzare l’evoluzione del delta del fiume Po).

Vista globale di Mercurio da mosaico di immagini della sonda NASA MESSENGER
(Credit: NASA, Johns Hopkins Applied Physics Laboratory, Arizona State University, Carnegie Science)

Per quanto riguarda Mercurio si lavora ai preparativi della missione BepiColombo (in partenza a fine 2018). L’OA-Abruzzo è coinvolto nel Team dello strumento MORE e in particolare nella definizione di modelli geologici 3D di strutture targets per simulare le osservazioni dell’esperimento MORE, attraverso la valutazione delle simulazioni gravimetriche in termini di fattibilità osservativa e consistenza/interpretabilità dei risultati, e nella definizione del razionale scientifico di possibili sinergie osservative tra MORE e altri strumenti a bordo di BepiColombo, quali la camera SIMBIO-SYS, lo spettrometro MERTIS, e l’altimetro BELA. Dal punto di vista scientifico, presso l’Osservatorio si studia la tettonica di Mercurio in relazione alla sua evoluzione termica e alla sua particolare configurazione orbitale (asse di rotazione praticamente verticale e risonanza 3:2) e vicinanza al sole che hanno determinato e determinano forti stress termici e mareali che esercitano tensioni sulla crosta del pianeta (es. Di Achille et al. 2012).

In collaborazione con l’Università’ La Sapienza si studiano i mari e laghi di idrocarburi di Titano, il satellite più grande di Saturno. Grazie ai dati del radar (sviluppato in collaborazione tra ASI/Univ. La Sapienza e NASA) a bordo della sonda Cassini della NASA si ottiene la batimetria dei bacini contenenti gli idrocarburi e anche la loro composizione (essenzialmente miscele di metano e etano). Da questi studi si ricavano informazioni sull’evoluzione atmosferica del satellite di Saturno, sulla possibile esistenza di un ciclo idrologico degli idrocarburi e sulla loro distribuzione all’interno della crosta ghiacciata di Titano.

Esempio di un grande mare (chiamato Ligeia Mare) di idrocarburi su Titano alimentato da vari sistemi di drenaggio che confluiscono nel bacino dalle zone circostanti. (Credit: NASA/JPL-Caltech/ASI/Cornell)

 

 

Riferimenti bibliografici

Di  Achille,  G.  and  B.  M.  Hynek  (2010),  Ancient  ocean  on  Mars  supported  by  global distribution of deltas and valleys, Nature Geosci. 3, 459–463.

Di Achille, G., B. M. Hynek, and M. L. Searls (2009), Positive identification of lake strandlines in Shalbatana Vallis, Mars, Geophys. Res. Lett., 36, L14201, doi:10.1029/2009GL038854.

Hoke, M.R.T., Hynek, B.M., Di Achille, G., Hutton, E.W.H., The effects of sediment supply and concentrations on the formation timescale of Martian deltas, Icarus (2014), doi:http://dx.doi.org/10.1016/j.icarus.2013.09.017.

Di Achille, C. Popa, M. Massironi, E. Mazzotta Epifani, M. Zusi, G. Cremonese, P. Palumbo (2012), Mercury’s radius change estimates revisited using MESSENGER data, Icarus, doi:10.1016/j.icarus.2012.07.005.