Dic 24

Inizia il viaggio del James Webb Space Telescope

E’ atteso per domani 25 dicembre il lancio del James Webb Space Telescope, il telescopio più grande e potente mai lanciato nello spazio. Più volte rinviato, salvo imprevisti e condizioni metereologiche permettendo, è fissato per il giorno di Natale il lancio del nuovo telescopio spaziale da Kourou, in Guiana francese. Segue le orme del telescopio spaziale messo in orbita nel lontano 1990 e dedicato all’astronomo americano Edwin Hubble scopritore, tra l’altro, della relazione tra lo spostamento verso il rosso della luce emessa dalle galassie (chiamato redshift) e la loro distanza. Il nuovo telescopio, dedicato alla memoria di James E. Webb, amministratore della NASA negli anni ’60 in cui vennero sviluppate le prime missioni spaziali sulla Luna, sarà il prossimo grande osservatorio scientifico nello spazio, progettato per rispondere ai misteri ancora irrisolti sull’universo.

Il James Webb Space Telescope (JWST) è un progetto molto ambizioso, rappresenta una vera e propria evoluzione tecnologica del suo predecessore. Se Hubble (Hubble Space Telescope, HST) ha uno specchio primario di 2,4 metri, che attualmente sulla Terra è considerato professionale ma certamente non di frontiera, il JWST è fornito di uno specchio primario di ben 6,5 metri di diametro, una misura da fare invidia a un qualsiasi telescopio terrestre. Inoltre, mentre Hubble osserva l’universo dall’ultravioletto al vicino infrarosso, JWST sarà sensibile a luce dal visibile fino all’infrarosso intermedio. Questa caratteristica rende il JWST un telescopio ottimizzato per studiare la luce infrarossa emessa dalle stelle di prima generazione e dalle prime galassie che si sono formate dopo il big-bang, ma anche per studiare sistemi planetari diversi dal nostro. Il nuovo telescopio sarà essenziale per lo sviluppo in molti settori dell’astrofisica.

Proseguendo nel raffronto tra i due giganti dello spazio: Hubble orbita ad appena 600 chilometri di quota, lungo un’orbita inclinata di circa 28,5 gradi rispetto all’equatore e percorsa in circa 96 minuti. Grazie alla quota bassa, negli anni lo Space Shuttle ha potuto prendersene cura, risolvendo brillantemente alcuni problemi, quali ad esempio, la miopia iniziale, dovuta ad un difetto di costruzione dello specchio primario, e successivamente sostituendo rilevatori e componenti. JWST nasce da una scelta opposta che sacrifica la ‘’comodità’’ dell’orbita bassa per favorire il raggio di osservazione del telescopio: JWST opererà in un punto distante dalla Terra circa 1,5 e di chilometri, circa 4 volte più della distanza Terra–Luna, in direzione opposta rispetto al Sole. Non si potrà ripararlo con missioni simili allo Space Shuttle, ma in compenso avrà maggiore efficacia di osservazione.

Veduta della rampa di lancio del vettore Ariane 5. Crediti: Arianespace 2010-2021.

La missione è il frutto di una partnership internazionale tra NASA, ESA e Canadian Space Agency (CSA). Il telescopio sarà lanciato con un razzo Ariane 5 dallo spazioporto europeo nella Guyana francese, quindi sarà l’agenzia europea ad occuparsene. Oltre ai servizi di lancio e al personale per supportare le operazioni della missione, l’ESA ha anche contribuito a due dei quattro strumenti scientifici: lo spettrografo sensibile al vicino infrarosso (Near-Infrared spectrograph, NIRSpec) e ha coordinato un consorzio costituito da nazioni europee e dalla NASA per la costruzione di un altro strumento, il Mid-Infrared Instrument (MIRI), sensibile all’infrarosso intermedio. La NASA, invece, oltre ad essere responsabile dello sviluppo complessivo del satellite, ha costruito la piattaforma con gli strumenti, il telescopio, la navicella e la camera sensibile al vicino infrarosso (Near-Infrared Camera, NIRCam). Il quarto strumento è fornito dal CSA, un sensore di guida fine, responsabile del puntamento del telescopio, uno strumento di servizio, ma assolutamente cruciale.

Una volta giunto a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, aprirà uno schermo solare grande quanto un campo da tennis che impedirà alla luce del Sole di raggiungere e scaldare i suoi strumenti, che si raffredderanno progressivamente. I detector dovranno raggiungere, dopo circa 19 giorni, una temperatura intorno ai 7 gradi kelvin (-266 gradi centigradi, poco sopra lo zero termico): si tratta della fotocamera più fredda di sempre. Questo ridurrà al minimo le interferenze, cosicché il telescopio dovrebbe essere in grado di vedere davvero lontano nel tempo e nello spazio, proprio quando si sono formate le prime stelle e le prime strutture complesse dell’universo, e di ingrandire regioni vicine con un dettaglio mai raggiunto prima.

Il JWST ci aiuterà a capire meglio il destino finale dell’universo: se sia destinato a espandersi senza fine o se, a un certo punto, la sua espansione rallenterà sotto l’effetto della forza gravitazionale e le galassie saranno sospinte di nuovo una contro l’altra. Sappiamo ormai da tempo che esiste materia oscura: quello che non sappiamo è di cosa è fatta, quale sia la relazione tra materia oscura e materia luminosa, questioni fondamentali per comprendere l’evoluzione delle galassie. Sappiamo che esiste anche una forza la cui natura appare ignota, ma i cui effetti misurati a grandissime distanze sembrano essere chiari: una energia oscura, che sembra opporsi alla forza di gravità e, in certe situazioni, superarla per intensità. Il risultato netto è che mentre la forza di gravità tende a contrastare l’espansione dell’universo, l’energia oscura sembrerebbe favorirla. Di che si tratta? Non lo sappiamo. E non conosciamo neppure la sua distribuzione nell’universo.

Con JWST avremo l’opportunità di dare soluzione a molti misteri scientifici, e, come sempre accade, ci aspettiamo nuove sensazionali scoperte che apriranno altre domande: la scienza funziona così, ed è affascinante per questo.

Appuntamento, dunque, il giorno di Natale tra le 13:20 e le 13:52 ora italiana.

Buon viaggio a JWST e …. ottima scienza!

Visita il sito ufficiale di JWST  https://jwst.nasa.gov/content/webbLaunch/index.html

 

Nell’immagine il James Webb Space Telescope. Crediti: NASA/Chris Gunn

 

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